Venezia hype, operazione Hollywood riuscita
Tappeto rosso unico, tanti film attesi pochi i colpi al cuore
(dell'inviata Alessandra Magliaro) Venezia 81 chiude i battenti, ma al di là del Leone d'oro assegnato domani sera nella cerimonia di chiusura in sala grande del Palazzo del cinema al Lido di Venezia, cosa resta? Certamente è stata l'edizione del grande ritorno delle star americane sul tappeto rosso, un numero davvero considerevole che ha illuminato la Mostra del cinema rafforzandone l'immagine. Un'operazione back to Venice che ha colpito e che infatti ha riportato il festival anche sulla stampa straniera, non solo per le critiche cinematografiche. Gli scatti di Venezia 81 vedono una dietro l'altra la coppia dark agée innamorata di Tim Burton e Monica Bellucci, l'idolo teen Jenna Ortega, Angiolina Jolie, Nicole Kidman, Pedro Almodovar e le sue divine Tilda Swinton e Julianne Moore, la coppia boomer Brad Pitt-George Clooney, il nuovo Daniel Craig per arrivare al top con Lady Gaga arrivata con Joaquin Phoenix per Joker accolta da una folla incredibile di fan come solo le popstar riescono a fare. Venezia 81, per dirla con il linguaggio dei giovani, ha saputo creare hype, grande attesa, ed ha centrato l'obiettivo. I numeri sono tutti in salita, per vendita di biglietti, per numero di accrediti, a metà mostra erano quasi 60mila biglietti venduti, +11% , di cui 1.747 abbonamenti (+25% sul 2023). Il bilancio su ticket e presenze è per domenica 8 ma il trend è di pubblico in crescita. La presenza delle grandi star americane ha riportato l'attenzione di tutta una filiera collegata, quella dei grandi marchi di abiti e di gioielli. In particolare sugli accessori, come accade al festival di Cannes da sempre, c'è stata una lotta all'ultimo collier tra le griffe di oreficeria. Il motivo è noto: la circolazione delle foto nei circuiti mondiali, come avviene per gli Oscar o gli Emmy, costituisce un ritorno garantito pubblicitario al brand, con i social a evidenziare marchi e modelli. È così che gira il sistema dei grandi eventi dove nulla dell'immagine dei talent è lasciato al caso, dall'acconciatura al make up, dalle scarpe all'abito e agli orecchini: le didascalie dei look sembrano titoli di coda di un film. Dunque operazione riuscita, dopo l'anno critico con lo sciopero di Hollywood che aveva impedito agli attori di essere presenti. Sui film invece il bilancio è forse meno 'amazing': tanti film attesissimi, rari i colpi al cuore e una constatazione generale di 'inverno', anche per autori come Almodovar o Amelio che hanno scelto di essere meno palpitanti, più frenati, non nelle storie ma nella regia. Tanti i temi forti, come il fine vita della Stanza accanto del regista spagnolo, l'essere genitori oggi, fragili e con il senso di fallimento come nel francese The Quiet Son con Vincent Lindon padre alle prese con il figlio neonazista, di estrema destra. E poi il vissuto, i conti con un passato difficile nel bel film di Walter Salles I'm still here su un deputato desaparecido durante gli anni della dittatura brasiliana la cui moglie impiega una vita fino ad arrivare alla verità, nel coraggioso Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini sul suo rapporto con il padre Luigi e gli anni della sua tossicodipendenza, in Familia di Francesco Costabile che avrebbe meritato il concorso, storia tostissima di violenza domestica da una vicenda vera di parricidio. Tra film 'patinati' come Maria con Angelina Jolie, lo stesso Joker 2 meno travolgente del primo se non fosse per l'idea musical dei classici reinterpretati da Lady Gaga e Joaquin Phoenix, lo 'scandaloso' Babygirl con Nicole Kidman amante in posizione abuso di potere, Queer con il nuovo Craig omosex in cerca di amore, a lasciare il segno è altro. È una serie tv geniale e gagliarda come il libro di Antonio Scurati da cui è tratta con un regista come Joe Wright e un protagonista capace di trasformarsi davvero ad ogni costo: è M , il figlio del secolo sull'ascesa di Mussolini e del fascismo, ci avverte sui pericoli dell'oggi con la potenza di Peaky Blinders.
Y.Urquhart--NG